frontiera paglino

VCO - 31-10-2023 -- Secondo i calcoli di Cgil, Cisl e Uil, se passasse in finanziaria l'emendamento che prevede per i "vecchi frontalieri" il versamento di una quota compresa tra il 3 ed il 6% annuo del reddito netto per finanziare il servizio sanitario nazionale, la cifra media che ciascuno sborserebbe sarebbe di 3mila euro. Peccato che i frontalieri le tasse le paghino già, è questa la ragione fondamentale del no all'emendamento che gli stessi sindacati unitari comunicano in una nota, richiedendone lo stralcio.
La posizione è emersa nel corso del convegno dal titolo “Le frontiere delle opportunità: verso lo statuto dei frontalieri” in cui si sono riuniti tutti i Consigli Sindacali Inter Regionali (in Italia sono 11) dando rappresentanza agli oltre 120mila frontalieri che entrano ed escono quotidianamente dal nostro Paese (compresi gli 8mila residenti nel VCO).

Una norma "contraddittoria", dicono i sindacati all’interno di un dedicato a “stralcio".
All’interno del testo troviamo come “mentre da un lato con la legge di recepimento dell’accordo salvaguardiamo la tassazione esclusiva in Svizzera ai ‘vecchi frontalieri’ continuando l’Italia ad incassare il 40% delle loro tasse, dall’altro il Governo chiede loro di versare il 3%-6% della retribuzione netta per avere l’assistenza sanitaria che hanno già pagato”.
Il documento prosegue: “visto che finalmente ci siamo conquistati una sede di confronto per discutere il trattamento dei frontalieri, ci saremmo aspettati di discutere in quella sede questa improvvisa richiesta del Governo, tutt’altro che coerente con quanto condiviso sin qui”.
Riteniamo che il fragile radicamento della sanità nel nostro territorio non possa essere semplicisticamente ricondotto a un divario salariale che, in ogni caso, non verrebbe sufficientemente colmato con questo intervento.
Inappropriata risulta inoltre la scelta di destinare risorse alla sanità dei territori di frontiera adottando un nuovo strumento impositivo, creato ad hoc e vincolato a una sola categoria di contribuenti che pagherebbero mediamente 3mila € in più a testa all’anno a seconda del reddito ma, soprattutto, a seconda della discrezionalità di scelta in capo alle regioni che hanno facoltà di operare in modo disomogeneo creando inopportune disuguaglianze.
Occorre prioritariamente concentrarsi sulla strategia di sviluppo della sanità nei territori di frontiera - con una visione interregionale - in particolare nel VCO, superando il decennale dualismo campanilista che caratterizza la nostra provincia, investendo nella qualità del lavoro, delle strutture e nella strategia di un loro radicamento all’interno di una prospettiva di sanità territoriale in grado di garantire capillarità ma, soprattutto, qualità.
Le risorse per rilanciare la prospettiva della sanità nel VCO devono essere slegate da un collegamento diretto con una sola categoria di lavoratori che non possono vedersi scaricare improvvisamente sulle proprie spalle i costi del tentativo di rimedio ad una criticità di sistema che permane da decenni. Semmai, va aperta una discussione dentro la contrattazione collettiva delle aree di frontiera ed il fondo sanitario nazionale da cui devono essere recepite le risorse, abbandonando formule improbabili di zone economiche speciali".