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CRODO- 10- 10-2023-- Gli ex consiglieri di minoranza del comune di Crodo, sino al 2019, Marilena Panziera, Luciano Saletta e Antonio dell’Aglio, intervengono sulla questione legata all'abbandono della produzione del Crodino nella cittadina antigoriana che gli diede i natali:
"Ci permettiamo in questo momento di grande sconforto generato dalla decisione, irrevocabile di Campari, di non rinnovare l’accordo con Royal Unibrew, per continuare almeno parzialmente a produrre il Crodino a Crodo, di ricordare cosa accadde nel 2017.
All’epoca l’insistenza dei sindacati a chiudere la trattativa seguita al passaggio dello stabilimento Campari Terme di Crodo a Royal Unibrew, ci parve poco conforme a quella che dovrebbe essere una naturale dialettica di programmazione, nel momento in cui un sito produttivo passa da un gruppo industriale ad un altro.
Ci parve anche piuttosto affrettata la risoluzione avvallata dall’Amministrazione Comunale, capitanata da Ermanno Savoia, che definì il suo operato un “salvataggio”. Nel 2017, il Sindaco, benedì la risoluzione che prevedeva la produzione al Molinetto ancora per tre anni, quindi se da fine 2020 siamo arrivati al 2023, è unicamente dovuto al fatto che Campari non aveva finito di organizzarsi definitivamente per l’intera produzione, questa non è notizia di oggi, ma si poteva facilmente dedurre dai fatti in corso.
Ci stiamo chiedendo se fu un modo per rimandare un problema, del quale era cosciente, perché se invece allora lo considerava tale questi anni avrebbero dovuto essere spesi per cercare una soluzione, cosa che non solo non è stata fatta, ma neppure considerata.
Ricordiamo che la minoranza consiliare, a metà settembre 2017, preoccupata per le notizie relative alla vendita dello stabilimento e della prevista partenza della linea di produzione del Crodino, aveva chiesto al sindaco di raccogliere notizie in merito e di convocare un consiglio comunale.
Il primo cittadino ritenne però di non convocare nessun consiglio comunale, ma di fare (solo nel mese di novembre) un’assemblea pubblica, ove peraltro chiese alla minoranza tramite un suo emissario, di salire sul palco delle autorità, per dire cosa? Non si sa, visto che lui ed i suoi fidi collaboratori, coadiuvati dalla Provincia... avevano gestito nel massimo riserbo tutta la vicenda e gli incontri con venditori e compratori. Forse l’invito venne fatto per condividere eventuali responsabilità che sarebbero emerse in futuro.
Poi nel dicembre 2019, leggemmo con stupore che la situazione era preoccupante, malgrado allora si consigliò di non perdere tempo e di attivare una strategia volta alla difesa di un marchio che “è territoriale”, come avvenne già nel 1996, quando in valle nacque il Comitato per la Salvaguardia dei Prodotti e dei Marchi della Valle Antigorio Formazza, con il preciso intento di contrastarne il trasferimento.
A suo tempo le amministrazioni comunali, comunitaria e i lavoratori, fecero una battaglia che vinsero e non si capisce come mai, Campari, allora cedette e rimase a Crodo, forse perché le contestazioni mosse dal Comitato erano profondamente esatte nel loro contenuto e quindi rinunciarono ad un conflitto che sapevano perso in partenza.
Nel 2017 il Sindaco affermò che una tale risoluzione al giorno d’oggi sarebbe stata impossibile, come se nel frattempo l’ordinamento giuridico in materia di marchi e brevetti fosse cambiato al punto che, in taluni sorsero dubbi che Crodo fosse ancora in Italia e in Europa.
E arriviamo a fine 2023, con la certezza che il Crodino da Crodo se ne va e per sempre, non consola il fatto che “ce lo aspettavamo”, come dice il Sindaco, perché è consapevolezza ormai diffusa, che non solo non fu fatto il necessario per trattenerlo, ma proprio niente. È di oggi l’articolo sulla Stampa di Luca Bilardo, che ha raccolto la voce di Maurizio Gozzellino, l’inventore dell’aperitivo, il quale afferma che “portare via il Crodino da Crodo è una decisione ignobile”, ebbene lo era anche nel 2017 e francamente questa voce, apprezzata e di sicuro prestigio, giunge con irrimediabile ritardo.
La minoranza propose una risoluzione legata al rinnovo delle concessioni di sfruttamento della sorgente: volete vendere? Allora lasciate il Crodino a Crodo, tenetevi il marchio, ma lo producete qui tramite Royal. Anche questa venne bocciata per l’ingiustificata paura di chiusura dello stabilimento, come se le fonti così ricche di potenziale come quella che abbiamo avuto la fortuna di avere sul nostro territorio, non fossero una rarità. La consapevolezza della propria forza avrebbe forse cambiato leggermente gli accordi presi e qualora non ci fosse stata una risposta positiva sempre in tempo si sarebbe fatto a tornare sui propri passi.
Purtroppo le persone che un tempo si batterono per il Crodino a Crodo, non ci sono più, o non sono più politicamente attive, hanno fatto posto al “nuovo” che è avanzato sotto forma di persone che si sono accontentate di soluzioni tampone, inconsapevoli di essere il ventre molle di una società alpina che oramai si fa eteroguidare da chi viene da fuori, senza maturare una sana visione del futuro e convinte di avere sempre e comunque idee e competenza necessarie per amministrare e risolvere problemi non suoi.
La tristezza che si prova passando per Crodo, vedendo lo sfacelo urbanistico delle realtà economiche dismesse, problema mai affrontato, che sta negli anni peggiorando a vista d’occhio, non lascia dubbi sugli errori commessi nel passato e chi ha avuto il privilegio di lavorare con le persone in gamba di cui qui è scritto, sperava che qualcuno continuasse il lavoro che loro avevano iniziato sin dal dopoguerra.
Concludiamo facendo una riflessione su quelle che sono ora le “proposte” a seguito della partenza definitiva del Crodino, cioè continuare con i festeggiamenti in suo ricordo, come fosse un privilegio versare soldi anziché lacrime sulla storia appena passata, crediamo che a questo punto si debba ripartire da zero e valorizzare quello che ci è rimasto, non vivere di ricordi e lasciare il destino del paese in mano a chi non ne sente l’appartenenza".


