Fluechtlinge Ossola

25-7-2023 -- "Neutrale, ma dalla parte della libertà: il punto di vista svizzero sulla Repubblica Partigiana dell'Ossola", è il titolo di un interessante articolo pubblicato dal quotidiano Neue Zürcher Zeitung (NZZ) a firma Georg Häsler. È un pezzo di storia riletto attraverso le parole dei cronisti di allora, che da Berna o da Zurigo varcarono il confine per raccontare ai "neutrali" elvetici, vita e morte durante i "40 giorni di libertà". Un racconto storico che riprendiamo proprio oggi, a 80 anni esatti da quel 25 luglio del 1943 che segnò la capitolazione del fascismo. Ma questa è un'altra storia, la Repubblica ossolana arriverà un anno e qualche mese dopo, solo nell'autunno del '44, quando Mussolini, sempre più fantoccio nelle mani dei tedeschi, faceva il Duce a Salò.
Ma il senso dell'articolo Häsler è rivolto innanzitutto all'oggi, alla questione, che è sempre centrale per gli Svizzeri, del concetto di neutralità. E oggi, si può essere neutrali rispetto alla guerra in Ucraina?. Solidarizzare concretamente con gli aggrediti, fornire supporto alla Resistenza è un atto di umanità o è un atto meramente politico?
Le cronache che Georg Häsler riprende sono chiaramente antifasciste. La NZZ e la "Gazette de Lausanne" inviarono i loro corrispondenti a Domodossola per riferire sulla liberazione: "I montanari e i valligiani della valle dell'Eschen e dell'Ossola hanno cacciato un mese fa i balivi fascisti e tedeschi", scrive il giornalista in arrivo da Zurigo.
E ancora sugli ossolani: "[...] Una comunità di 60.000 persone che si sentono libere e vogliono difendere la propria libertà". L'esistenza della Repubblica Partigiana è sembrata al visitatore della Svizzera tedesca in grave pericolo a causa di "un avversario superiore": "Ma questa gente di montagna e di valle, non si dispera e non si arrende, perché ha assaporato fino in fondo l'aria della libertà".
Dopo la caduta della Repubblica il "Corriere della Sera", allora rigorosamente pro Mussolini, il 21 ottobre parlava di "44 giorni di tirannia 'democratica'". In un altro articolo citato da Häsler, il quotidiano milanese rivolge "Parole chiare agli svizzeri": Dall'altra parte non si può essere "neutrali" e "ostili".

Ma se sull'orientamento dei media elvetici non c'è dubbio, l'atteggiamento della Confederazione verso la Restitnza italiana non trova ancora tutti accordo. Se è vero che ci furono gesti umanitari, come la presa in carico di tanti bambini o transfughi, militarmente c'è chi sostiene che gli svizzeri potessero fare di più.
è accertato che dopo il crollo della Repubblica Partigiana dell'Ossola, la Svizzera dovette assicurare all'Italia che erano stati compiuti sforzi per impedire atti contrari alla neutralità. "Se qualcosa di contrario alla neutralità sarebbe dovuto accadere con il pretesto di un aiuto di buon vicinato, ciò deve essere attribuito alle condizioni geografiche dei confini, che erano particolarmente sfavorevoli alla sorveglianza", aveva parafrasato un diplomatico nella sua risposta.
Ad ogni modo, i buoni rapporti attraverso i valichi alpini durarono anche oltre, e poco prima della fine della guerra i partigiani impedirono che venisse fatta saltare l'ultima galleria elicoidale dell'asse del Sempione nei pressi di Varzo. Le SS volevano distruggere il collegamento con la Svizzera e lasciare terra bruciata dopo il loro ritiro dalla Val d'Ossola. "È stato dimostrato - conferma Häsler - che la Svizzera ha aiutato direttamente i partigiani in questa azione".

Profughi della Val d'Ossola (Italia) attraversano il confine a Gondo, 1 ottobre 1944. Foto: fotografo ignoto, Archivio di Stato Argovia/RBA - via nationalmuseum.ch